Violazione obblighi assistenza familiare. Procedibilità a querela o d’ufficio?
Anche a seguito dell’intervenuta formale abrogazione della fattispecie incriminatrice in contestazione la continuità normativa predicabile tra la nuova disposizione e quella previgente esclude qualsivoglia modifica del regime di procedibilità, accreditando l’attualità del principio secondo cui il reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile è procedibile d’ufficio e non a querela della persona offesa, in quanto il rinvio contenuto nella L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies all’art. 570 c.p. si riferisce esclusivamente al trattamento sanzionatorio previsto per il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare e non anche al relativo regime di procedibilità (Sez. U, n. 23866 del 31/01/2013 – dep. 31/05/2013, S., Rv. 255270).
Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 02-08-2018) 03-08-2018, n. 37766
Di seguito dal sentenza a seguito del ricorso presentato dall’Avv. Cristian Brighi
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE FERIALE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente –
Dott. CATENA Rossella – Consigliere –
Dott. DE SANTIS Anna Maria – rel. Consigliere –
Dott. MONTAGNI Andrea – Consigliere –
Dott. BASSI Alessandra – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
M.A. n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza resa in data 1/2/2018 dalla Corte d’Appello di Bologna;
Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 2/08/2018 la relazione del Cons. Dott.ssa Anna Maria De Santis;
udita la requisitoria del Sost. Proc. Gen., Dott.ssa LORI Perla, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione;
udito il difensore dell’imputato Avv. Cristian Brighi, sostituito dall’Avv. Carmine D’Onofrio, il quale si è riportato ai motivi, chiedendone l’accoglimento.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 55333 del 7/11/2016 la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione annullava, in accoglimento del ricorso del P.m., la decisione del Tribunale di Rimini che aveva assolto con la formula del fatto non costituente reato M.A. dal reato di omessa corresponsione alla moglie divorziata R.A. dell’assegno mensile di mantenimento stabilito in suo favore dal giudice civile.
La pronunzia rescindente rilevava nella sentenza censurata una doppia violazione di legge, evidenziando – da un lato – la procedibilità d’ufficio del reato L. n. 898 del 1970, ex art. 12 sexies dall’altro, l’irrilevanza ai fini dell’integrazione della fattispecie di una situazione di bisogno o di indigenza della p.o., restando integrato l’illecito per effetto del solo inadempimento dell’obbligo contributivo disposto in sede di divorzio.
La Corte d’Appello di Bologna, giudicando in sede di rinvio, in riforma della sentenza del giudice monocratico di Rimini, dichiarava M.A. responsabile del reato ascrittogli, condannandolo alla pena di mesi due di reclusione ed Euro 200,00 di multa.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, Avv. Cristian Brighi, deducendo:
2.1 l’inosservanza o erronea applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 12 sexies in relazione al rinvio quoad poenam riferito all’art. 570 c.p., comma 2. Secondo la difesa del ricorrente la Corte territoriale ai fini della determinazione della pena ha erroneamente fatto riferimento alla sanzione stabilita in forma congiunta al secondo comma all’art. 570 c.p., comma 2 piuttosto che al comma 1, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità nella sua massima espressione nomofilattica con sentenza del 31/1/2013 n. 23866 delle Sezioni Unite;
2.2. l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine alla mancata qualificazione del reato come procedibile a querela, anche in considerazione dell’abrogazione della L. n. 898 del 1970, art. 12 sexies e pedissequa vigenza dell’art. 570 bis c.p.. Secondo il ricorrente l’introduzione dell’art. 570 bis c.p. ripropone la questione della procedibilità a querela, tenuto conto dell’ampliamento della fattispecie rispetto al previgente art. 12 sexies che consente di differenziare tra l’inadempimento dell’obbligo contributivo nei confronti del coniuge separato e di quello divorziato;
2.3 l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine alla ritenuta inammissibilità della richiesta dei doppi benefici di legge e la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. La difesa censura la ritenuta tardività della richiesta di concessione dei benefici di legge e la contraddittorietà del giudizio prognostico di sfavore comunque formulato nonostante l’incensuratezza del ricorrente e la definizione in via transattiva del contenzioso economico, circostanze valorizzate al fine del riconoscimento delle attenuanti generiche.
Con motivi nuovi pervenuti a mezzo posta il 31 luglio 2018 il difensore deduce ulteriormente:
2.4 la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’esimente di cui all’art. 131 bis c.p., avendo la Corte distrettuale omesso di fornire adeguata ed esaustiva risposta alla prospettazione difensiva, valorizzando ai fini del diniego la durata dell’inadempimento e l’ammontare complessivo dei contributi non versati;
2.5 l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’ammissibilità della richiesta di concessione dei doppi benefici e dell’attenuante ex art. 62 c.p., n. 6, avendo la Corte trascurato la possibilità di accordarli d’ufficio a norma dell’art. 597 c.p.p., comma 5.
Motivi della decisione
3. L’esame del secondo motivo risulta logicamente prioritario in quanto revoca in dubbio la procedibilità d’ufficio del reato di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 12 sexies alla luce dell’avvenuta abrogazione e dell’introduzione nel sistema dell’art. 570 bis c.p. e impone un giudizio d’infondatezza della doglianza.
Va al riguardo segnalato che l’introduzione dell’art. 570 bis c.p. e la contestuale abrogazione espressa della L. n. 898 del 1970, art. 12-sexies e della L. n. 54 del 2006, art. 3 è stato operato con il D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 22 marzo 2018, in attuazione della delega prevista alla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 85, lett. q) che ha dato corso al principio della riserva di codice mediante la trasposizione delle norme penali spurie nella sede propria, al fine di una almeno tendenziale unificazione del corpo normativo. Alla legge delega deve riconoscersi (per gli aspetti che in questa sede rilevano) carattere meramente compilativo, come reso evidente dalla relazione ministeriale allo schema di decreto legislativo ove si legge che il nuovo art. 570-bis c.p. “assorbe le previsioni di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies e alla L. 8 febbraio 2006, n. 54 di cui all’art. 3…. La modifica, da un lato, non incide sul regime di procedibilità di ufficio, la cui corrispondenza a Costituzione è stata comunque ripetutamente affermata dalla Corte costituzionale (da ultimo con sentenza n. 220 del 2015), dall’altro, contempla le ipotesi (già previste mediante rinvio agli artt. 5 e 6 della stessa legge) di scioglimento, cessazione degli effetti civili, nullità del matrimonio oltre che quella dell’assegno dovuto ai figli nelle medesime evenienze”.
Pertanto, anche a seguito dell’intervenuta formale abrogazione della fattispecie incriminatrice in contestazione la continuità normativa predicabile tra la nuova disposizione e quella previgente esclude qualsivoglia modifica del regime di procedibilità, accreditando l’attualità del principio secondo cui il reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile è procedibile d’ufficio e non a querela della persona offesa, in quanto il rinvio contenuto nella L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies all’art. 570 c.p. si riferisce esclusivamente al trattamento sanzionatorio previsto per il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare e non anche al relativo regime di procedibilità (Sez. U, n. 23866 del 31/01/2013 – dep. 31/05/2013, S., Rv. 255270).
4. Il primo motivo è fondato e merita accoglimento. Infatti, come segnalato dalla difesa, questa Corte ha chiarito che nel reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile previsto dalla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies come modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 21 il generico rinvio, “quoad poenam”, all’art. 570 c.p. deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma 1 di quest’ultima disposizione. (Sez. U, n. 23866 del 31/01/2013, S., Rv. 255269) con la conseguenza che la pena inflitta in maniera congiunta al ricorrente s’appalesa illegale.
5. Risulta ugualmente fondato il terzo motivo, richiamato nel secondo motivo nuovo. La Corte felsinea ha ritenuto inammissibile la richiesta di concessione dei doppi benefici di legge avanzata dal difensore in sede di discussione senza considerare, da un lato, che il processo era pervenuto in sede d’appello a seguito di annullamento con rinvio della sentenza assolutoria del primo giudice, e quindi in assenza di un atto d’impugnazione della difesa; dall’altro, che a norma dell’art. 597 c.p.p., comma 5, la sospensione e la non menzione potevano essere, comunque, applicate d’ufficio. Nè appare logicamente rigorosa e coerente con le risultanze processuali l’affermazione effettuata in via di chiusura argomentativa secondo cui la durata dell’inadempimento risulterebbe, in ogni caso, ostativa ad una prognosi favorevole in punto di futura astensione da condotte illecite, trattandosi di valutazione dissonante rispetto allo stato di incensuratezza e all’avvenuta definizione in via stragiudiziale del contenzioso economico con la p.o., richiamati a giustificazione della concessione delle circostanze attenuanti generiche. Ciò in quanto l’intervenuto accordo transattivo rappresenta un punto d’equilibrio nella composizione dei contrapposti interessi delle parti e segna una discontinuità con il reato che imponeva una più accurata spiegazione della assorbente rilevanza accordata al dato temporale del pregresso inadempimento.
6. Alla stregua dei rilievi che precedono – assorbiti i residui profili censori- s’impone l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bologna per nuova valutazione in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio ed eventuale accesso ai benefici di legge. Deve al riguardo precisarsi, a fronte delle difformi conclusioni del P.g., che il reato contestato non risulta estinto per prescrizione in considerazione della sospensione per complessivi mesi 6 e gg. 13 disposta dalla Corte d’Appello a seguito di astensione dei difensori dall’attività professionale.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e alla sospensione e non menzione della stessa, e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Bologna. Rigetta nel resto il ricorso.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 2 agosto 2018.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2018